Alaeddine Kaabouri: dagli ostacoli alla cittadinanza al consiglio comunale di Thiene


Il suo nome è Alaeddine Kaabouri, ha 32 anni ed è di origini tunisine. Non esiste forse espressione migliore di “integrazione riuscita” per definire la sua storia, coronata dal duplice ruolo di insegnante all’Engim di Thiene e di consigliere comunale nella stessa città, con delega alle politiche giovanili. Una storia caratterizzata, tuttavia, anche dalle difficoltà incontrate nell’ottenere la cittadinanza italiana. Un racconto di luci (e di ombre) condiviso dal giovane italo-tunisino con Mariagrazia Bonollo e Gianni Manuel ai microfoni della rubrica di Radio Eco Vicentino “Parlami di Te“.
“I miei genitori si sono sposati alla fine degli anni Ottanta – racconta Kaabouri -, poi mio papà è partito da solo per l’Italia. A Catania ha fatto il pastore, come in Tunisia. Poi è andato a Napoli e infine si è trasferito in Veneto. E qui ha iniziato a fare ciò che fa ancora oggi, ovvero lavorare in fonderia. Ha fatto arrivare qui mia mamma poco prima che io nascessi, dopo aver preso il permesso di soggiorno nei primi anni Novanta”.
Kaabouri, nato in Italia, ha sperimentato insieme ai genitori cosa significa non avere la cittadinanza: “Dovevamo rinnovare il permesso di soggiorno ogni due anni, ma per altri è un rito che si ripete ogni anno, o ogni sei mesi”. Un’esperienza che, confessa, lo ha segnato profondamente: “Era un calvario, perché la Questura è il luogo più triste e brutto che abbia mai visto. Ci chiamavano loro per il rinnovo, e dovevamo andare per forza nel giorno stabilito. Se non ci fossimo andati, non ci avrebbero rinnovato il permesso e avremmo rischiato di tornare nel nostro Paese di origine”. E aggiunge: “Serviva tantissima documentazione, anche proveniente dalla Tunisia e non semplice da recuperare e far tradurre”.
Alla fine, però, tutti e tre hanno ottenuto la cittadinanza: “Io l’ho presa a 17 anni, anche se mi sento cittadino italiano dalla nascita, meglio, mi sento italo-tunisino. Cosa significa essere cittadino italiano l’ho capito quando ho compiuto 18 anni e mi son potuto recare all’esterno. Perché prima, con il permesso di soggiorno, non potevo lasciare il territorio nazionale”. Un’opportunità, quella di viaggiare, che Kaabouri ha prontamente colto, soggiornando per un anno in Australia da puro viaggiatore scopritore del mondo e trasferendosi poi per 12 in Germania, a Berlino. “Me ne sono andato perché per 18 anni avevo covato dentro di me molta delusione e rabbia – confessa -. Vivere in Italia senza cittadinanza è stata una sofferenza incredibile”.
“A Berlino – racconta ancora Allaedine – ho lavorato vendendo vinili e nei club come barista”. Tornato in Italia, si è sposato ed è papà di un bimbo e mezzo (diventerà genitore per la seconda volta a settembre). Ricordando quanto sperimentato in prima persona per ottenere la cittadinanza, “mi sono detto che dovevo fare qualcosa per cambiare tutto ciò. Ho voluto impegnarmi”. Una determinazione, questa, che gli ha permesso di diventare consigliere comunale con delega alle Politiche giovanili e dell’integrazione (oltre che dell’agricoltura). Un incarico al quale adempie ispirato da una precisa convinzione: “Dare la cittadinanza non risolve i problemi dei giovani, però li aiuterebbe a farli sentire più inclusi in questa società”.
Fra i diritti negati o resi molto complicati dalla mancanza di cittadinanza – su bambini, bambine e giovani – c’è la partecipazione a gite e percorsi di studio all’estero, all’attività sportiva agonistica, e, dopo i 18 anni, il diritto di voto e la partecipazione a concorsi pubblici, pur appartenendo a famiglie che pagano tasse e imposte come gli italiani. Per questo Allaedine sta promuovendo il “Si” al referendum dell’8-9 giugno che prevede l’abbassamento da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni. Una modifica che mantiene fermi gli altri requisiti (avere un reddito stabile ed elevato, conoscere la lungua italiana, non aver commesso reati, aver pagato le imposte, non essere pericoloso per la Repubblica Italiana) ma che semplificherebbe oggi la vita a circa 2,5 milioni di persone che in Italia non solo nascono e crescono, ma da anni vi abitano, lavorano e contribuiscono alla sua crescita. “E’ un referendum per farci sentire parte dell’Italia e allinearci ai maggiori paesi europei” conclude Allaedine.
Gabriele Silvestri
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