La terra del Monte Maggio nello stadio del Genoa: la A si emoziona nel ricordo di Ferraris

foto Redazione buoncalcioatutti

La terra vicentina nel tempio del calcio genovese. Là dove il tifo pulsa sotto la Gradinata Nord e il tempo sembra scandito dal battito dei cuori rossoblù, ieri è accaduto qualcosa che ha superato il confine del pallone. Un gesto semplice, ma profondissimo: la terra vicentina del Monte Maggio è tornata a incontrare quella dello stadio Luigi Ferraris. Un ricongiungimento simbolico, potente, che ha reso il pre-partita di Genoa-Lecce un momento di storia e di emozione collettiva.

Era il 23 agosto 1915 quando Luigi Ferraris, ingegnere, calciatore e alpino, perse la vita sul fronte del Monte Maggio, durante la Prima Guerra Mondiale. Per quattro anni, quella montagna vicentina ha custodito le sue spoglie. E ieri, alle 18, un elmetto della Grande Guerra ha portato una manciata di quella terra fin sotto la Gradinata Nord, là dove già nel 1933 era stata interrata la medaglia d’argento al valor militare a lui conferita.
A compiere il gesto, solenne nella sua divisa storica è stato Manuel Grotto, alpino e storiografo dell’Associazione Alpini di Arsiero, accompagnato dalla famiglia Ferraris e dall’amministratore delegato della Lega Serie A, Luigi De Siervo. Lo striscione “Ferraris appartiene a tutti” ha fatto da cornice a un momento che ha unito passato e presente, sport e memoria, montagna e città.

Quella terra non è solo polvere. È testimonianza. È sacrificio. È il legame profondo tra la terra vicentina e il Club più antico d’Italia. È il ricordo di un uomo che ha incarnato valori che oggi sembrano lontani: dedizione, coraggio, silenziosa grandezza. La commemorazione, iniziata il 20 luglio per i 110 anni dalla morte di Ferraris, ha trovato ieri il suo compimento. E lo ha fatto nel modo più autentico: con il silenzio, con il rispetto, con la condivisione. Prima del fischio d’inizio, la Gradinata Nord ha salutato con commozione chi ha reso grande il nome che oggi campeggia sullo stadio. In un’epoca in cui il calcio è spesso rumore, questo gesto è stato poesia. Un ritorno alla sostanza. Alla terra. Alla storia. Luigi Ferraris non è solo un nome su una targa. È un ponte tra generazioni. E ieri, quel ponte ha avuto la forma di un elmetto, di una manciata di terra, di un applauso che ha saputo andare oltre il risultato.

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