Cava Grolla, la battaglia finisce in Tribunale. Fra scosse, case danneggiate ed esplosioni

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Il “terremoto quotidiano”provocato dalla Cava Grolla sulla sottostante contrada Tommasoni, tra i Comuni di Cornedo Vicentino Valdagno, finisce per le vie legali. Il 13 novembre un gruppo di residenti che, per far valere i loro diritti, si sono affidati a Studio3A-Valore, per il tramite dell’avvocato Franco Portento del foro di Padova, si sono rivolti al Tribunale di Vicenza presentando un ricorso per ottenere una consulenza tecnica preventiva che stabilisca il livello di tollerabilità o meno delle attività e delle immissioni provenienti dal sito estrattivo, tentando di raggiungere una mediazione con la proprietà, la Faba Marmi di Alessandro Faedo.

L’esistenza del tranquillo quartiere è sconvolta infatti da anni dalle lavorazioni della cava di marmo, che incombe sugli abitanti e che si sta “mangiando” il monte Spagnago alle cui pendici sorge l’abitato, con ripetuti allarmi lanciati dai residenti anche per il rischio frane: in più occasioni si sono staccati e sono precipitati a valle grossi massi, con seri pericoli per le persone. Di fatto oggi il colle si presenta come un “vulcano artificiale”: le pendici nascondono un enorme cratere, lo scavo, che ne ha svuotato le “viscere” e il cui fronte ne lambisce ormai la cresta. Il fronte estrattivo di fatto si trova in linea d’aria a un centinaio di metri dalle case più vicine. Ad aggravare i problemi si è aggiunto il cambio di tipologia di attività estrattiva intervenuto negli ultimi anni: non più blocchi di marmo ma graniglia. E per ridurre la pezzatura del materiale, in poltiglia, vengono fatte esplodere delle mine con una certa frequenza, due-tre serie a settimana, e ciascun ciclo può arrivare anche a una decina di esplosioni. La normale vita di questo nucleo abitato è scandita da queste deflagrazioni: fino a poco tempo fa c’era persino una sirena ad avvisare dell’inizio dei “botti”, come per gli allarmi delle fabbriche che trattano materiali pericolosi.

Il risultato – dicono gli abitanti – è un terremoto continuo, con onde d’urto, boati e rumori che terrorizzano tutti e soprattutto con vibrazioni e autentici movimenti tellurici che causano ingenti danni alle case, dove si sono aperte ampie crepe, sia all’esterno che all’interno: sono lesionate quasi tutte, a riprova che le fenditure sono provocate inequivocabilmente da questo tipo di “lavorazione”, anche perché il terreno su cui sorgono è in roccia o in alluvioni addensate, non soggette ad assestamenti. Stanchi di questa situazione invivibile, acuita dallo spargimento di polveri che si depositano ovunque e non si sa di quale natura siano, sempre più preoccupati per i danni strutturali generati dalle fessurazioni delle pareti e persino dei pavimenti e, più in generale, per la stessa tenuta del monte, non essendo presente alcuna opera attiva preventiva di sostegno delle pareti più acclivi, con conseguente elevato pericolo per l’incolumità pubblica, un nutrito gruppo di residenti si è affidato a Studio3a-Valore, specializzato a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini. Lo studio, per il quale si è attivamente impegnato in prima persona lo stesso Presidente,  Ermes Trovò, ha messo in campo tecnici e periti, sollecitato e ottenuto un tavolo di confronto con la proprietà e le istituzioni preposte, in primis i due Comuni e la Provincia di Vicenza, ha denunciato più volte i gravi problemi all’opinione pubblica, “ma ogni tentativo di raggiungere un accordo con Faba Marmi – sostiene – non solo per ottenere un ristoro dei danni per i propri assistiti ma anche una modalità di lavoro più rispettosa degli abitanti, non hanno sortito risultati”.

Di qui la decisione, in collaborazione con l’avvocato Portento, di rompere gli indugi e di interessare l’autorità giudiziaria, forti del fatto che, secondo la giurisprudenza, l’accertamento dell’intensità e della intollerabilità delle attività che arrecano disturbo non può fondarsi solo su meri criteri di carattere matematico o statistico, o sul rigido rispetto dei limiti, ma deve tenere conto anche della situazione specifica, che nella fattispecie è quella di una tranquilla zona residenziale. “Il giudice di merito, tenuto conto in concreto della condizione dei luoghi (…), può ritenere che le immissioni superino il limite della normale tollerabilità nonostante il mancato superamento dei limiti massimi di inquinamento atmosferico fissati dalla normativa” recita una sentenza della Cassazione su un caso simile. E sempre la Suprema Corte stabilisce il riconoscimento di un congruo indennizzo laddove il proprietario di un fondo veda i propri diritti sacrificati alle esigenze della produzione, e che l’accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità comporta la liquidazione del danno da immissioni.

Nel corso degli anni si sono succedute varie campagne di misurazione delle emissioni, sia sonore sia in forma di scuotimenti, provenienti dalla cava. In particolare, nell’aprile 2015 Arpav, nell’ambito dei rilievi effettuati in Contra’ Gobbi Bassi, ha accertato il superamento del limite differenziale ma anche la sottostima del differenziale stesso in quanto si era preso come valore di fondo il rumore della cava.

Nel ricorso si chiede dunque al Tribunale di Vicenza, “previa fissazione di un’udienza di comparizione delle parti”, di nominare “un consulente tecnico affinché, esaminati gli atti e i documenti di causa, esperita ogni necessaria indagine, sentite le parti e i loro consulenti tecnici, autorizzato ad accedere alle competenti Pubbliche Amministrazioni per estrarre coppia di eventuale documentazione utile ai fini delle operazioni peritali, verifichi lo stato del luoghi e accerti natura, entità e la normale tollerabilità per le persone delle immissioni nelle abitazioni provenienti dalla Cava Grolla in ordine agli scuotimenti e alle vibrazioni ed esperisca un tentativo di conciliazione tra le parti”.