Ragazzino di 15 anni morì folgorato nel messinese: il pm chiede la condanna per Gemmo e Trimarchi

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Nove mesi di reclusione per la presidente di Gemmo SpA, Susanna Gemmo, e per un manager della società, Francesco Trimarchi: queste le pene chieste in Tribunale dal pubblico ministero “d’aula” della Procura di Messina, all’udienza di ieri, giovedì 14 settembre sulla morte per folgorazione del 15enne Salvatore D’Agostino a Gaggi (Messina), nel 2016.

La seduta è stata dedicata alle requisitorie. Gemmo e Trimarchi sono imputati del procedimento penale per la tragica morte del ragazzino, che rimase folgorato urtando un faretto nella piazza del suo paese, in un luogo accessibile a tutti, mentre giocava a calcio con gli amici.

Alla richiesta del pm si è unita quella delle parti offese: i genitori, già costituitisi parte civile, sono assistiti dall’avvocato Filippo Pagano del foro di Messina, che ha a sua volta richiesto l’affermazione della penale responsabilità dei vertici dell’azienda vicentina (che in Sicilia ha una sede e molte attività) e la condanna in solido al risarcimento del responsabile civile, la società per azioni Gemmo appunto.
I difensori degli imputati e dell’azienda invece hanno chiesto il proscioglimento da ogni accusa sostenendo che i loro assistiti non avrebbero responsabilità e che eventuali colpe sarebbero semmai da attribuirsi all’impresa subappaltatrice e al Comune. La giudice, Alessandra Di Fresco, ha quindi rinviato il processo, che si strascina da anni ma ormai è giunto alle battute finali, al 19 ottobre per eventuali repliche, discussione e l’attesa sentenza.

Il dramma
L’assurdo incidente avvenne la sera del 2 agosto 2016, nella piazza antistante la Chiesa Madre della frazione di Cavallaro. Salvatore, per recuperare il pallone, aveva oltrepassato una ringhiera ma aveva toccato un faretto: non sarebbe successo nulla se l’impianto fosse stato a norma, invece la tremenda scarica elettrica che l’ha investito non gli ha lasciato scampo, fulminandolo.
Il ragazzo morì dopo 18 giorni di coma, gettando nella disperazione tutta Gaggi. I genitori si sono rivolti all’avvocato Pagano e, per tutte le questioni risarcitorie e stragiudiziali, a Studio 3A-Valore, società specializzata nel risarcimento danni e tutela dei diritti dei cittadini, che si è attivata subito per supportare le indagini.

Il legale ha presentato un esposto alla Procura, che aveva aperto un fascicolo contro ignoti, chiedendo di individuare il proprietario dell’area, il titolare dell’utenza che alimentava il faretto e il fornitore dell’energia, chi l’avesse collocato collegando i cavi e mettendolo in esercizio, a chi competesse la manutenzione; aveva chiesto anche che si accertasse se l’installazione fosse a norma viste la mancanza di griglie di protezione e cartelli di pericolo e la presenza di nastro adesivo ormai consunto che attestava un datato e maldestro intervento sui cavi; infine ha chiesto che si documentasse lo stato dei luoghi e l’accessibilità a tutti.

Presidente e manager della Gemmo indagati per la morte di un quindicenne fulminato da un faretto

La svolta
Nell’estate 2017 la Procura ha iscritto nel registro degli indagati Susanna Gemmo, oggi sessant’anni, e l’ingegnere Francesco Trimarchi, 42, rispettivamente presidente del Cda e responsabile dell’ufficio Tecnico e Gare d’Appalto (con particolare riferimento a quelle per la Sicilia) della Gemmo, colosso del settore delle grandi infrastrutture, impianti tecnologici e servizi, con sede ad Arcugnano (Vicenza), 142 milioni di fatturato nel 2020 e tante grandi opere all’attivo, in Italia e all’estero.
E’ alla società berica, infatti, che il Comune di Gaggi aveva affidato la gestione del suo impianto di pubblica illuminazione tramite l’adesione alla convenzione per il Servizio Luce e servizi connessi per le pubbliche amministrazioni con Consip, la centrale acquisti della PA. Gemmo si era aggiudicata il lotto 8 della procedura di gara bandita da Consip per il Ministero dell’Economia, quello per la Sicilia, che comprendeva la gestione dell’illuminazione di tante altre città dell’isola, come Catania.

A conclusione delle indagini preliminari, il pubblico ministero titolare del fascicolo, Antonella Fradà, il 9 maggio 2018 aveva chiesto il rinvio a giudizio dei due imputati, a cui ha contestato il reato di omicidio colposo in concorso. Una colpa che sarebbe consistita in “negligenza, imprudenza, imperizia e nel non aver rilevato che i fari installati presso la piazza della Chiesa Madre di Gaggi, ancorché in disuso da anni e privi di lampade, fossero alimentati dall’impianto di illuminazione pubblica”.
Una richiesta ritenuta fondata dal Tribunale di Messina: il 9 ottobre 2018, all’esito dell’udienza preliminare, il Gup Eugenio Fiorentino aveva disposto il rinvio a giudizio di entrambi gli imputati, ammettendo anche la costituzione di parte civile dei genitori e della sorella di Salvatore: “per inciso, l’azienda non ha mai riscontrato le richieste di risarcimento presentate da Studio3A per i suoi assistiti”, commenta l’agenzia specializzata in risarcimenti. Il 24 maggio 2019 il giudice Alessandra Di Fresco aveva accolto l’istanza del legale delle parti civili,  autorizzando e ordinando la ciazione, in qualità di responsabile civile, della società Gemmo, “per rispondere, eventualmente in solido con gli imputati, del risarcimento dei danni patiti dalle parti civili”.

Il procedimento, poi, ha scontato la pandemia, visto diversi rinvii, si sono tenute varie udienze dedicate all’attività istruttoria e all’esame dei testi. Un’estenuante attesa che ha sfibrato una famiglia per la quale la vita, da quel 2 agosto 2016, non è stata più la stessa. I genitori del 15enne hanno anche dovuto fare i conti con una pioggia di richieste, molte accolte, dei legali di Susanna Gemmo e della società a direttori e uffici legali delle testate giornalistiche per ottenere la rimozione dei link dei loro siti che rimandavano alle notizie sul processo, ritenute lesive dell’immagine e reputazione dei loro assistiti e ormai a loro dire non più d’interesse per i lettori. Il tutto con un procedimento, invece, ancora in corso e per il quale, quindi, il diritto all’oblio non è contemplabile. “Una condotta che ha profondamente amareggiato la mamma e il papà di Salvatore, che l’hanno colta come un insulto verso il figlio e la sua memoria, la volontà di dare un colpo di spugna alla tragedia prima ancora che la giustizia avesse fatto il suo corso e il giudice pronunciato il verdetto” commenta in una nota Studio3A.