Coldiretti Vicenza a Roma per l’emergenza cinghiali. “Provocano danni e incidenti”

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Solo nel Vicentino sarebbero 150 gli incidenti stradali causati dai cinghiali selvatici, in un arco temporale di circa un anno, a cui vanno aggiunti i danni patiti dagli agricoltori del settore agroalimentare. Un costo sociale per i cittadini in termini di sicurezza, e per le imprese sul piano economico, che Coldiretti Vicenza non accetta e combatte con fermezza, evidenziando una vera e propria emergenza. Una folta delegazione vicentina dell’associazione composta da allevatori e agricoltori ha partecipato ieri a una variopinta manifestazione a Roma, insieme a rappresentati delle amministrazioni locali e alcune sigle ambientaliste. Tanti striscioni e cartelloni e tanta gente a chiedere l’intervento del Governo per porre fine a una proliferazione che qualcuno definisce perfino “un assedio”.

In Veneto sarebbero più di 400 gli incidenti verificatisi, in Italia addirittura oltre 10 mila, con ben 13 morti che si portano dietro nei primi nove mesi del 2019, contro gli undici registrati in tutto l’anno precedente. È quanto emerge da una stima di Coldiretti su dati Regioni ed Osservatorio Asaps, in occasione del blitz di ieri mattina davanti a Montecitorio di migliaia di agricoltori, allevatori, cittadini, esponenti istituzionali, sindaci ed ambientalisti contro l’invasione dei cinghiali e degli animali selvatici ormai arrivati anche dentro le città.

“Una vera e propria emergenza che mette a rischio la sicurezza e la salute degli automobilisti e che – secondo l’indagine Coldiretti/Ixè – porta la gran parte dei cittadini a considerare un pericolo per la circolazione sui quasi 850 mila chilometri di strade ed autostrade italiane la presenza di animali selvatici e di cinghiali, che possono arrivare a un quintale e mezzo di peso e 150 centimetri di lunghezza. Una paura – spiega il presidente provinciale di Coldiretti Vicenza, Martino Cerantola – che dilaga dalla montagna alla pianura, dalle zone vicino ai fiumi fino a quelle sul mare e che, nei piccoli centri di provincia con meno di cinquemila abitanti, si accentua ancor di più”.

Il Vicentino si caratterizza anche per un’importante presenza dei grandi carnivori. Il riferimento è in particolare ai branchi di lupi. “Un pericolo, la loro presenza, dal quale non riusciamo a liberarci, nonostante le pressioni fatte da Coldiretti ai diversi livelli – aggiunge Cerantola – e che interessa l’Altopiano, ma anche un’estesa area Pedemontana. La presenza di questi animali espone i cittadini e l’indotto turistico all’abbandono del territorio da parte delle malghe. Ricordiamo che l’antica pratica della monticazione, non solo esalta la sostenibilità, ma porta con sé un insieme di valori, tradizioni e cultura che non possiamo permetterci di perdere”.

E se su arterie statali, provinciali e comunali non ci sono quasi mai reti di respingimento contro i selvatici, sulle autostrade, invece, si trovano le protezioni, ma non sempre sono efficaci, visto che una delle 13 vittime del 2019 è stata causata sulla A1 da un branco di cinghiali arrivato sulla carreggiata scavando un cunicolo sotto la rete divisoria fra l’asfalto e la campagna circostante.

“Si tratta solo della punta dell’iceberg – aggiunge il direttore di Coldiretti Vicenza, Cesare Magalini – perché molti non denunciano, scoraggiati dalle lungaggini burocratiche e dalle condizioni poste dalle assicurazioni. Nel 2018 un incidente grave su cinque provocato dai selvatici è avvenuto di notte, ma sono le ore dell’alba e del crepuscolo le più a rischio, con i branchi di cinghiali che si muovono razziando cibo nelle periferie urbane o distruggendo campi e colture, riuscendo a percorrere fino a 40 chilometri alla volta”.

Negli ultimi dieci anni, tanto nel Vicentino quanto in Italia, i cinghiali sono aumentati esponenzialmente, arrivando a due milioni di animali che invadono i territori. “Una presenza eccessiva – sottolinea Cerantola – che rappresenta un rischio per visto che proprio nei piccoli Comuni si concentra il 92% delle produzioni tipiche, secondo lo studio Coldiretti/Symbola, con ben 270 dei 293 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp) italiani riconosciuti dall’Unione Europea tra formaggi, oli extravergine di oliva, salumi e prodotti a base di carne, vini, panetteria e pasticceria”.

E non è tutto. “Il rischio è che venga meno la presenza degli agricoltori, soprattutto nelle zone pedocollinari – conclude Magalini – e con essa quella costante opera di manutenzione che garantisce la tutela dal dissesto idrogeologico. Serve responsabilità nella difesa degli allevamenti, che, con coraggio, continuano a presidiare anche i territori più isolati ed a garantire la bellezza del paesaggio ed il futuro del made in Italy agroalimentare”.