Finanza scopre “giro” di oltre mille lavoratori irregolari e fatture false per 21 milioni

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La Guardia di Finanza di Pordenone ha condotto indagini, su indicazione della Procura della Repubblica locale, nel settore degli appalti illeciti di manodopera (il cosiddetto caporalato), dei reati tributari e del riciclaggio, che hanno permesso di rilevare un sistema criminale che per volumi, dimensioni geografiche e soggetti coinvolti è considerato di assoluto spessore e pericolosità sociale. Coinvolte anche aziende vicentine.

Le indagini hanno permesso di accertare 1.057 posizioni lavorative irregolari accertate e 21 milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti. 50 le aziende coinvolte, con sede nelle provincie di Pordenone, Sassari, Venezia, Brescia, Padova, Vicenza Treviso, Bergamo, Modena, Pavia e Milano. 59 le persone indagate – a vario titolo – per reati di associazione a delinquere, riciclaggio di proventi illeciti e tributari. Le fiamme gialle hanno accertato un riciclaggio per circa 700 mila euro ed emesso un provvedimento di sequestro preventivo per 3,9 milioni di euro.

Il caporalato avrebbe riguardato aziende del settore manifatturiero e industriale. Il principale indagato è una persona che aveva funzioni di promotore, coordinatore ed esecutore: residente in provincia di Pordenone, l’uomo era impegnato da più anni in queste attività criminose ed era già destinatario di diverse condanne e denunce per reati economico/finanziari.

Nel dettaglio, il sodalizio criminale si basava sul ricorso a rapporti di appalto o subappalto dissimulati con società che avevano un capitale sociale minimo. In sostanza si trattava di società che esistevano solo sulla carta e che erano intestate a prestanomi. Su di esse venivano fatti convergere gli obblighi fiscali e contributivi della manodopera impiegata che appariva quindi, sul piano “formale”, assunta e dipendente da tali imprese anziché da quelle realmente fruitrici.

I lavoratori appartenevano per lo più a contesti deboli di altri paesi – come la Slovenia, la Romania, la Repubblica Ceca, e la Slovacchia – oppure a regioni del Sud Italia e risultavano occupati senza che si provvedesse, in tutto o in parte, ai pagamenti degli obblighi fiscali, previdenziali, assicurativi e giuridici. Le società che effettivamente utilizzavano la manodopera evitavano gli oneri previdenziali e assistenziali connessi alla stipula del contratto di lavoro e potevano indebitamente detrarre l’Iva esposta nelle fatture dalla società appaltatrice, mentre le società che fornivano i lavoratori venivano dopo breve periodo messe in liquidazione o lasciate inattive e quindi sostituite con altre, dalle medesime caratteristiche, su cui veniva fatta convergere la prosecuzione delle attività criminose.

Le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza di Spilimbergo, hanno consentito di
individuare 13 società attive nella fornitura di manodopera, tutte aventi strumentalmente la
sede legale nella provincia di Sassari, nonostante nessuno delle centinaia di lavoratori
impiegati o delle decine di aziende utilizzatrici degli stessi manifestasse una concreta
presenza o interessi economici in Sardegna.