Scuola, in Veneto mancano all’appello oltre 7.800 docenti. Tra questi 1.500 nel Vicentino

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Aule scolastiche ancora vuote, e rischiano di rimanerlo anche le cattedre (immagine dal sito oggiscuola.com)

La prima campanella di scuola tintinnerà tra tre settimane. A rasentare i fatidici sgoccioli non risultano solo le vacanze estive ma anche i termini per la nomina di ben 7.821 posti d’insegnamento vacanti, dato del Veneto. Non va proporzionalmente meglio a Vicenza e provincia, dove le cattedre ad oggi fantasma sono 1.508, con un triste primato: nell’area berica si registra il record negativo dell’assenza di insegnanti di sostegno (547). Il valzer di graduatorie, precariato e abilitazioni concesse e poi ritirate hanno creato uno status quo confuso e non resta che correre ai ripari, praticamente al fotofinish. Che si tradurrà stavolta il un balletto, quello delle supplenze “ballerine”, appunto, a scapito di didattica e alunni. Il nuovo anno scolastico si apre in Veneto nuovamente all’insegna dell’incertezza – rileva con preoccupazione Elena Donazzan – e anzi sarà anche peggio dei precedenti.”

Il tema d’attualità riguarda maestri di scuole dell’infanzia e primaria, oltre ai professori di secondarie di primo e secondo grado, vale a dire medie e superiori. Nel 2019-2020 il dato dei quasi 8 mila posti di lavoro vacanti su scala regionale preoccupa la sfera politica quanto i diretti interessati e le famiglie venete, in attesa di notizie certe. Oltre un quarto del dato complessivo (2.284 in cifre) riguarda le figure preziose e necessarie dei maestri di sostegno. Confrontando i numeri con le effettive esigenze si estrapola la preoccupante considerazione che due studenti su cinque rischiano di non ritrovarsi a fianco un docente di supporto individuale, pur avendone titolo, come conferma la Donazzan.

“Alla strutturale mancanza di programmazione nella scuola, a cui nessun governo ha saputo
porre rimedio – dichiara l’assessore regionale all’Istruzione e formazione Elena Donazzan – si aggiunge quest’anno il problema degli insegnanti precari storici, o entrati di recente in ruolo, che sono stati cancellati dalle graduatorie, come il caso dei diplomati magistrali, e che tornano più precari di prima, inseriti nelle sole graduatorie di istituto e che non possono dare la prospettiva dell’entrata in ruolo”.

Un blocco che si amplifica, nel dettaglio, nei docenti formati per seguire alunni e studenti in difficoltà cognitiva o con diversi gradi di disabilità. “Sono venuti a mancare i concorsi – continua il componente della Giunta regionale – nonché i posti di abilitazione in particolare per gli insegnanti di sostegno – prosegue l’assessore – e a farne le spese in primis sono la
classe docente, che si trova al suo interno molto frammentata, con paradossali differenze tra precari senza prospettiva e insegnanti strutturati”.

I numeri berici. A Vicenza e provincia aule carenti di 961 docenti “comuni” e 547 di sostegno, distribuiti tra infanzia, primaria, e i due gradi secondari. Il primato, in terra berica, proprio negli istituti superiori con un dato di oltre il 50% dei “prof” delle varie materie che mancano all’appello, ben 512. A seguire i 341 delle “medie” fino ai più fisiologici 69 e 39 a scalare di elementari e materne. Per l’ambito del sostegno, 201 su 547 risultano i posti vacanti nel quinquennio delle primarie. La nostra provincia su questo aspetto risulta la “pecora nera” davanti a Verona e Venezia.

Incertezza sistematica. “Quest’anno sarà anche peggio degli anni precedenti, a causa dei mancati concorsi, dell’aumento del precariato, del blocco del numero delle abilitazioni per gli insegnanti di sostegno. E l’ultima grave incertezza che si aggiunge per il Veneto è che ad oggi l’Ufficio scolastico regionale è privo di vertice, perché la dottoressa Augusta Celada è stata chiamata a Roma. Se maggiori poteri fossero riconosciuti alle regioni – questa la ricetta dell’assessore vicentino – credo che molti disservizi o storture non ci sarebbero, in virtù del principio di prossimità della decisione e del controllo. Sono convinta che la programmazione territoriale sul fabbisogno dei docenti sia la soluzione al precariato, alla continuità didattica a beneficio soprattutto degli studenti, e alla scuola nel suo insieme”.