Bianco inganno, pericolo valanghe moderato anche sulle Prealpi. Distacchi sul Carega

La montagna di oggi invita e inganna al tempo stesso, come se sotto il candore della nuova neve si muovesse qualcosa di vivo e instabile. Il bollettino Arpav lo dice senza esitazioni: il manto è fragile, disomogeneo, pronto a cedere anche sotto un peso minimo. È uno di quei giorni in cui il pericolo valanghe — classificato 2-moderato — non va interpretato come un invito alla tranquillità, ma come un segnale sottile e insidioso.
Perché sono proprio i livelli intermedi quelli che tradiscono chi si affida all’apparenza, quelli in cui la montagna sembra quieta ma non lo è affatto. Tra mercoledì e giovedì mattina sono caduti dai 5 ai 15 centimetri di neve fresca sulle Dolomiti, con punte di 20 centimetri oltre i 2500 metri nelle aree meridionali. Sulle Prealpi, a 1600 metri, gli accumuli sono stati ancora più significativi: dai 5 ai 40 centimetri, con i valori maggiori registrati tra Bellunese e Vicentino. Una nevicata non eccezionale in termini assoluti, ma caduta su un terreno insidioso: suolo nudo in molti tratti, oppure un manto vecchio segnato da strati deboli e croste da fusione e rigelo. È la combinazione perfetta per rendere instabile anche ciò che appare compatto. In queste condizioni basta un sovraccarico minimo — il passaggio di uno sciatore, un’escursione fuori traccia, un cambio di pendenza affrontato con leggerezza — per provocare distacchi di valanghe piccole e, localmente, anche di medie dimensioni. I punti più critici restano i canali, le zone di accumulo, le creste e le forcelle, soprattutto sui versanti ombreggiati dove gli strati deboli presenti alla base possono aumentare la massa e la velocità di un eventuale scivolamento.
Non va meglio sui versanti soleggiati: qui, dove la nevicata è stata più generosa, sono ancora possibili valanghe spontanee di neve fresca a debole coesione, generalmente piccole ma comunque in grado di sorprendere chi si muove in ambiente non controllato. Il grado di pericolo resta 2-moderato anche sulle Prealpi, un livello che spesso induce a sottovalutare la situazione ma che, in realtà, rappresenta uno dei più insidiosi per chi frequenta la montagna in autonomia. A complicare ulteriormente il quadro c’è lo spessore ancora ridotto del manto nevoso, inferiore alla media stagionale: un fattore che espone al rischio di traumi per urti contro rocce e massi affioranti, soprattutto in caso di caduta. E poi ci sono i nuovi accumuli da vento, formatisi rapidamente e in modo irregolare: vere e proprie trappole da evitare, in particolare sui pendii freddi dove la neve vecchia è già di per sé poco coesa.
Il previsto rialzo delle temperature contribuirà ad attivare la residua instabilità, favorendo valanghe spontanee sui versanti meridionali più ripidi ed estremi. Serve prudenza anche nei transiti sotto pareti e creste, dove il distacco può avvenire senza preavviso.
Emblematico quanto accaduto ieri a Cima Carega, nelle Piccole Dolomiti: diversi distacchi di lastroni da vento hanno mostrato con chiarezza la fragilità del manto e la pericolosità attuale della zona. Qui l’ultima perturbazione ha portato in quota circa mezzo metro di neve fresca, con accumuli eolici ancora più consistenti. Un segnale forte, che invita a non abbassare la guardia. La montagna, in questi giorni, chiede rispetto. Non è un invito a rinunciare, ma a scegliere con consapevolezza dove e come muoversi, perché la bellezza del paesaggio innevato non offuschi la consapevolezza di ciò che può accadere quando si ignora ciò che sta sotto i nostri piedi.
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