Morte di Michele Merlo, fascicolo trasferito a Vicenza. “Poteva essere salvato prima”

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La Procura di Bologna non ha ravvisato responsabilità dei medici emiliani sulla morte di Michele Merlo, il giovane artista di Rosà morto per gli esiti di una leucemia fulminante nel giugno scorso. Per questo, in base alle risultanze delle indagini, i magistrati hanno trasmesso il fascicolo alla Procura di Vicenza, che ora potrebbe indagare i medici ci Rosà e di Cittadella che avevano visitato il 28enne ancora in maggio, quando, sempre per la procura bolognese, avrebbe potuto ancora, forse, essere salvato.

Michele Merlo, in arte Mike Bird (al tempo delle sue partecipazioni ai talent show) è morto per una ischemia cerebrale il 6 giugno scorso all’Ospedale Maggiore di Bologna, dopo essersi presentato al Pronto soccorso di Vergato, sempre nel bolognese, il 2 giugno. Le condizioni dell’artista, questi gli esiti delle indagini, non avrebbero permesso interventi capaci di salvarlo.

Come riporta il Corriere della Sera, per gli inquirenti si sarebbe potuto intervenire con esiti diversi in un’epoca precedente, con una diagnosi tempestiva della leucemia fulminante che ha provocato l’ischemia fatale. Già a fine maggio Merlo, infatti, si era rivolto a uno studio medico di Rosà e all’ospedale di Cittadella, lamentando alcuni sintomi e mostrando ematomi sulle gambe che si erano progressivamente ingranditi. Per ora però l’inchiesta è ancora senza indagati.

Subito dopo i fatti la Procura bolognese aveva dato l’incarico di svolgere l’autopsia sull’ex concorrente di “Amici” e “XFactor” al medico legale, mentre per una serie di accertamenti erano stati incaricati i carabinieri del Nas. Inizialmente erano stati indagati i medici del Pronto soccorso di Vergato (Bologna), dove Merlo si era presentato il 2 giugno, e dell’ospedale Maggiore di Bologna, dove era arrivato in ambulanza la sera dopo. Il reato che viene ipotizzato col trasferimento dell’indagine a Vicenza rimane quello di omicidio colposo.

Erano stati gli stessi genitori di Michele Merlo, assistiti dall’avvocato Marco Dal Ben, a depositare in Procura una memoria nella quale avevano riassunto quanto accaduto al figlio fin dall’inizio.