Suicidio di Matteo Cecconi, il padre: “Basta anonimato in rete, vietare la vendita on line della sostanza che l’ha ucciso”

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Sei giovani suicidi in Italia da febbraio 2020 e almeno 45 morti accertate negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Canada e in Australia: la maggior parte aveva meno di 30 anni, compresi diversi adolescenti. Numeri già drammatici, a cui vanno aggiunti più di 500 utenti che in tutto il mondo hanno scritto in rete messaggi di addio, annunciando come e quando era pianificata la propria morte e che poi non hanno postato più nulla. Sono i dati raggelanti che emergono da una recente inchiesta del New York Times  sul “forum della morte”: un sito web di istigazione al suicidio con relativo gruppi di discussione con 17 mila iscritti, dove si spiega per filo e per segno come togliersi la vita senza soffrire e spesso si accompagna “live” chi sceglie di farlo.

Numeri che ieri, giorno del Safer Internet Day (la Giornata per la sicurezza in Rete, che si celebra nel mondo l’8 febbraio) sono riecheggiati anche a Bassano del Grappa, nella casa in via Brolo della famiglia di Matteo Cecconi, uno dei ragazzi italiani di cui si parla anche nell’inchiesta giornalistica statunitense. Matteo infatti il 26 aprile scorso, a soli 18 anni, si è tolto la vita in camera sua, durante una lezione in Dad, seguendo su quel sito quello che oggi il padre Alessandro chiama “il metodo”: istruzioni dettagliate su come, quando, dove e con che tempi prepararsi e poi procurarsi la morte ingerendo una sostanza di libera vendita, disponibile in rete e normalmente utilizzata per la conservazione degli alimenti, ma letale se assunta in quantità consistenti (di cui non scriviamo il nome proprio per renderne più difficile l’acquisto a fini suicidari).

Ascolta “”Chiudere il sito che istiga al suicidio”. Parla il papà di Matteo Cecconi” su Spreaker.

Erano una decina le persone collegate mentre Matteo, dopo aver scritto una lettera di addio ai genitori, seguiva le istruzioni e assumeva quella sostanza letale: mentre lui moriva altri utenti lo accompagnavano augurandogli di trovare pace. “Auguratemi buona fortuna”, aveva scritto poco prima sempre in inglese nel forum (alle 9.33 di un lunedì mattina). “Fai buon viaggio”, gli ha risposto una ragazza alle 9.50. Alle 9.53 scrive ancora lui: “I did it”, “L’ho fatto”. Nessuno gli chiede di cambiare idea, nessuno ha cercato di distoglierlo dal suo intento. E’ l’ultimo messaggio. “RIP, buddy” (“Riposa in pace, cucciolo”), scrive un utente. “Se te ne sei andato, spero che tu possa trovare la pace” commenta un altro. Poco dopo, rientrerà dal lavoro sua padre e tutta la famiglia e gli amici finiranno in un turbino di sofferenza devastante.
Come lui, anche Fabio Gianfreda di Latina, più o meno stessa età e stessa personalità ricca di interessi, suicida quattro mesi e mezzo prima di lui, seguendo sempre le stesse indicazioni di quel sito e usando la medesima sostanza tossica. Come loro, anche Paolo, un altro 19enne romano, e almeno altri tre giovani, solo nel nostro paese.

Il piano inclinato di Matteo
Lo studente bassanese all’apparenza era un ragazzo pieno di interessi, fra gli scout, il karate e l’impegno come rappresentante all’Istituto Tecnico Industriale “Fermi” della città del Grappa. Si stava facendo la patente, si era appena trovato un lavoro per l’estate e stava programmando le vacanze con l’amico di sempre. Pensava già di frequentare informatica all’università, ma voleva proseguire anche gli studi di filosofia, materia che lo appassionava moltissimo e le cui letture i genitori son convinti abbiano contribuito a lasciarlo con troppe domande senza risposte.
Nessuno – né la famiglia, né gli amici – avrebbe immaginato che Matteo celasse dentro tanta sofferenza, emersa dalla lettura delle quaranta pagine scritte a pc fra gennaio e la fine di aprile. “Ora penso che la sua normalità fosse una dissimulazione” riflette nella cucina di casa papà Alessandro, che fin dal primo momento ha espresso parole profonde e piene di umanità, nonostante il dramma che ha travolto la sua famiglia.
“Matteo, pur non avendo un problema scatenante, manifesta nei suoi scritti una sofferenza lucida. In questi mesi abbiamo dovuto arrenderci all’idea che a volte l’amore non basta. Nostro figlio non aveva parlato con nessuno del suo stato d’animo, di cui noi abbiamo preso consapevolezza solo due giorni dopo la morte, quando abbiamo trovato la password per accedere al suo computer”.

Nove mesi dopo, quelle pagine di una lucidità estrema, oltre che nelle mani della magistratura, sono anche sulla scrivania di uno psicologo, per aiutare i genitori a individuare il fulcro di quel dolore, di quella probabile depressione strisciante, di quella dissociazione fra mondo interiore e mondo esteriore.  Matteo leggeva moltissimo: era attratto dagli scritti di filosofi nichilisti che forse non è stato in grado di rielaborare. Insieme all’isolamento imposto dal lockdown e a quel sito maledetto, dove è entrato per la prima volta due settimane prima di quel lunedì mattina, si è creato un mix micidiale. “Quel sito ha avuto un ruolo fondamentale. Per Matteo è stato il punto di non ritorno, il piano inclinato da cui non è più riuscito a risalire. Se non ci fosse stato, avremmo avuto più tempo per capire cosa stava accadendo, lui stesso avrebbe avuto più tempo per una rielaborazione”.

Nel sito in questione sono presenti ben otto pagine che spiegano minuziosamente come provocarsi una morte senza soffrire. Nelle quaranta pagine degli scritti di Matteo emergono pensieri pesanti fin da subito, poi via via sempre più orientati a cercare un metodo indolore per farla finita. La risposta che cerca, lo studente purtroppo la trova proprio fra le pagine del sito che istiga al suicidio.
Matteo aveva anche cercato aiuto: i genitori hanno verificato un contato con il Telefono Amico e hanno trovato il biglietto da visita di uno psicologo, che però non ha mai contattato. “Il suicidio è una soluzione permanente a un problema temporaneo”, ha ammesso il 18enne nel suo diario, con estrema lucidità.

L’impegno dei genitori
Alessandro Cecconi è in contatto con una decina di altri genitori che stanno vivendo lo stesso dramma, per lo più negli Usa e in Gran Bretagna: padri e madri che tanto hanno fatto da riuscire a convincere il New York Times ad effettuare l’ampia inchiesta giornalistica sul sito incriminato e che ora accedono al forum per contrastare episodi di favoreggiamento di volontà suicide come quelle che hanno colpito i loro figli. L’inchiesta del NYT, uscita a dicembre e la cui realizzazione ha richiesto almeno sei mesi di lavoro, ha individuato le due persone che gestiscono il sito: uno statunitense (che agiva con lo pseudonimo di Marchese e che è sotto indagine a Huntsville, in Alabama) e un uruguayano di 29 anni, figlio di un avvocato, sotto indagine da parte della Procura di Montevideo. “Sanno che sta uccidendo le persone – ha dichiarato una delle madri intervistate dalla testata americana – ne sono pienamente consapevoli. Semplicemente non gli importa”.
Negli States qualcosa si sta muovendo e una coalizione bipartisan di senatori sta lavorando per capire come si incoraggia il suicidio e affinché i motori di ricerca, le società di web hosting, le organizzazioni che monitorano le reti di distribuzione dei contenuti e le piattaforme di rete e social media agiscano per fermare il diffusione e la visibilità del sito incriminato.

Vietare la vendita del conservante e combattere l’anonimato in rete
La procura di Vicenza intanto prosegue le indagini e sta intanto indagando per agevolazione del suicidio. Al pm la famiglia Cecconi tramite i propri avvocati ha inviato una memoria. I legali della famiglia sperano che le indagini possano essere trasferite a Roma, dove la Procura già sta lavorando per la morte degli altri due diciannovenni e ha disposto l’oscuramento del sito in Italia. I genitori dei ragazzi però ne chiedono la chiusura definitiva: sebbene sia già oscurato in alcuni paesi, rimane infatti raggiungibile tramite server di Stati terzi. “So che è una battaglia contro i mulini a vento, ma voglio sperare che anche l’Italia si muova di più – aggiunge Alessandro Cecconi anche a nome della moglie Antonella – non solo su questo versante, ma anche su quello della vendita libera on line di questo conservante, sempre più usato in caso di suicidio. Chiediamo che la vendita di questa sostanza, che costa peraltro pochissimo, sia limitata all’uso professionale su siti di e-commerce come Amazon, Ebay e altri.  Alla politica chiediamo invece di affrontare il grande tema dell’anonimato in rete: internet è terra di nessuno: è tempo di una legge sull’identità digitale” conclude il padre di Matteo Cecconi.

Alessandro e Matteo Cecconi

Per chi si trovasse in una situazione di difficoltà psicologica e per i loro familiari si ricorda che sono attivi 24 ore su 24 servizi di prevenzione e assistenza psicologica:
Servizio regionale – Progetto InOltre (800.334.343)
Fondazione Di Leo (800.168.768)
Telefono Amico (199.284.284)
Telefono Azzurro (1.96.96)