Carceri sul piede di guerra, dopo il Dpcm anti-coronavirus

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L’emergenza coronavirus sta avendo pesanti ripercussioni anche sul mondo carcerario. Dure proteste ieri nelle carceri dopo le limitazioni ai colloqui per via del Covid-19.

A Pavia: i detenuti in rivolta hanno preso in ostaggio due agenti di polizia penitenziaria, nella casa circondariale di Torre del Gallo. I detenuti hanno rubato le chiavi delle celle agli agenti e hanno liberato decine carcerati. Lo si apprende dai sindacati Uilpa e Sappe, che parlano di “devastazione” con i detenuti che si stanno picchiando tra di loro. Sarebbero in arrivo da San Vittore e Opera, secondo le stesse fonti, agenti di rinforzo. I due agenti sarebbero anche stati picchiati violentemente. La rivolta è iniziata verso le 19.30-20 ed è nata, come a Modena, per il divieto delle visite dei parenti a causa delle norme di contenimento del coronavirus. E’ stato riferito che i detenuti starebbero cavalcando quest’onda per ottenere misure alternative speciali. Dal carcere di San Vittore e Opera sono stati mandati agenti di rinforzo per sedare la sommossa dei circa 400 detenuti.

A Modena: nel primo pomeriggio di ieri i detenuti, protestando per le misure di prevenzione per il Covid-19, si sono barricati nell’istituto. Due agenti sono rimasti lievemente feriti nelle fasi più concitate, prima che il personale del carcere – una ventina tra poliziotti e sanitari – fosse fatta uscire. Sul posto è arrivato anche il prefetto, assieme alle forze di polizia che si sono schierate di fronte alla struttura da cui è stato visto uscire del fumo, probabilmente a causa di un incendio di materassi. Secondo il Sappe, il sindacato della polizia penitenziaria, i carcerati “chiedono provvedimenti contro il rischio dei contagi”, spiega il segretario Aldo Di Giacomo. 70-80 detenuti, che erano riusciti a raggiungere il cortile, per tentare di evadere, sono stati trasferiti in altri carceri. Tre detenuti sono morti, ma non si sa ancora se i decessi siano direttamente riconducibili alle proteste.

A Napoli: nel carcere di Poggioreale, la sospensione dei colloqui, prevista dalle misure anti-coronavirus, è invece alla base della protesta nel carcere napoletano di Poggioreale, dove alcuni detenuti sarebbero saliti sui muri del cosiddetto “passeggio”, nella zona interna del penitenziario. Parallelamente, al di fuori del carcere, c’è stata la protesta dei parenti dei carcerati. Indulto, amnistia o arresti domiciliari ciò che hanno chiesto per i loro familiari reclusi, bloccando anche il passaggio dei tram. La protesta è rientrata nel tardo pomeriggio.

Analoga situazione anche al carcere di Bari: dove un gruppo di parenti di alcuni detenuti protesta contro le disposizioni prese per fronteggiare l’emergenza coronavirus che prevedono una limitazione dei colloqui e degli incontri con i carcerati. In risposta alle proteste dei familiari, si tratta di una trentina di donne, i detenuti hanno incendiato alcuni fazzoletti che hanno lanciato tra le sbarre delle finestre.

Le misure sui colloqui previste dal Dpcm anti-coronavirus sono state la scintilla che ha fatto sollevare anche i detenuti di Frosinone: un centinaio si sono barricati all’interno della seconda sezione, da cui è stato visto provenire fumo. Sul posto è accorso il garante regionale Stefano Anastasia. A Frosinone comunque non ci sono stati episodi di violenza contro il personale.

Le proteste hanno riguardato anche Salerno, Vercelli, Alessandria, Palermo e Foggia.

Il timore è che ora la protesta si allarghi: “Il tam tam – secondo la leader dell’Associazione nazionale dei dirigenti e funzionari di polizia penitenziaria Daniela Caputo – creerà presto un effetto emulazione”. La dirigente propone il pugno di ferro: “l’esercito intorno a tutti i muri di cinta, punizione severa di coloro che stanno fomentando le rivolte, interdizione da subito di ogni accesso a esponenti o associazioni che in ragione delle loro campagne storiche di tutela e promozione dei diritti dei detenuti possano vedere la loro voce strumentalizzata da facinorosi e violenti”.