Spv, Tar del Veneto dà ragione ai residenti di Vallugana: “Stop alle mine notturne”

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Il cantiere Spv a Vallugana nel 2019 a Malo

La decisione l’ha presa il 17 dicembre il Tar del Veneto: stop alle esplosioni notturne nel cantiere della Superstrada Pedemontana Veneta nella frazione di Vallugana, a Malo. Una sentenza che  respinge  il ricorso del consorzio Sis, concessionario Spv, che su incarico della Regione sta costruendo in project financing la superstrada destinata ad attraversare il Veneto di cui in primavera si è vista l’inaugurazione del primo tratto.

Il “no” del Tar alla richiesta di Sis di riprendere le esplosioni, rallenta ovviamente la realizzazione del tunnel Castelgomberto-Malo, che sta ritardando il completamento dell’opera. A contrastare la ripresa delle esplosioni notturne è stato il comitato dei residenti della frazione di via Vallugana, che avevano minacciato azioni legali contro l’amministrazione comunale se questa avesse concesso altre deroghe per gli scoppi notturni ed era stato proprio il Comune di Malo, alla fine, ad opporsi al ricorso di Sis, ricorso al quale si era aggiunto anche quello del comitato dei residenti.

“Lo stop alle mine notturne al cantiere per la Pedemontana di Vallugana è indubbiamente una buona notizia: i residenti della zona che non dovranno più subire questo disagio e potranno finalmente dormire. Il concessionario dovrà trovare un altro modo per accelerare i lavori, a rilento per precise responsabilità della stessa Sis”. Così la consigliera di Civica per il Veneto Cristina Guarda commenta la sentenza del Tar. “È inaccettabile – aggiunge Guarda – che il concessionario pretenda di agire impunemente in sprezzo alle leggi e senza che vi sia alcuna reazione dall’istituzione regionale, concedente dell’opera, tanto da sembrare possa trovare sponda questa arroganza”. Il ritardo nei lavori in quel tratto della superstrada, con i sequestri delle gallerie, sono dovuti solamente alla gestione dei cantieri di sis, che non dipende certo dagli abitanti a cui Sis vorrebbe invece metterlo in conto. Per fortuna il Tar la pensa diversamente”.

Cristina Guarda