Crisi energetica: il ministro Brunetta preoccupato e l’Italia sblocca le ‘trivelle’

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In merito alla crisi energetica si dice preoccupato il ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta. “C’è una crisi dell’energia gravissima determinata anche da questioni geopolitiche. C’è un’inflazione difficile da decifrare per cause e durata, i cui effetti, però, potrebbero sconvolgere tutti gli equilibri economici e finanziari fin qui raggiunti”, ha sottolineato Brunetta in un’intervista al ‘Il Messaggero’. “Stiamo entrando in una terra incognita, rispetto alla quale è necessario avere un governo credibile, forte e politicamente adeguato alle nuove sfide”, ha aggiunto.

E per affrontare questa crisi, l’Italia si prepara a sdoganare le ‘trivelle’, che erano state bloccate da una moratoria fino al 2019 e che potrebbero ora salvare le aziende e le bollette degli italiani. “Regole certe dopo anni di attesa”, dice il Ministero della Transizione Ecologica, anche se l’idea non piace agli ambientalisti.

Il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), è una sorta di piano regolatore, che indica dove sarà consentita l’estrazione di idrocarburi. Secondo le indicazioni del Piano, si prevede uno stop ai nuovi permessi per il petrolio, ma la ripresa per le prospezioni e le estrazioni di gas in terra e nell’offshore italiano.

Nel Pitsai è compreso il 42% del territorio italiano, mentre restano escluse dalle attività di prospezione, ricerca e coltivazione, tutte le aree marine e terrestri non comprese nell’ambito territoriale di riferimento della pianificazione e valutazione del Piano. Tra le aree escluse: Valle D’Aosta, Trentino-Alto Adige, Liguria, Umbria, parte della Toscana e della Sardegna. Per quanto riguarda l’area marina: il 5% della intera superficie marina sottoposta a giurisdizione italiana.

Fondamentale per l’aumento dell’estrazione, sembra essere il ruolo dell’offshore del Mare Adriatico. L’obiettivo del Governo sembra quello di razionalizzare e concentrare le attività di estrazione su poche concessioni attive e in tal senso, l’ok alla ripartenza delle attività, riguarderà solo quelle le cui domande sono state presentate dopo il primo gennaio del 2010. In totale nel 2021 l’Italia ha prodotto circa 3,2 miliardi di metri cubi di gas e ne ha usati poco più di 72. La ripresa delle estrazioni potrebbe portare a un raddoppio della produzione italiana, arrivando così a un 10% circa del fabbisogno nazionale.

Scontenti gli ambientalisti. Il dissenso è subito esploso con manifestazioni “No gas” in 44 città: “pretendiamo che il governo faccia la sua parte nel contrastare la crisi climatica, definendo immediatamente un piano di uscita dal gas fossile e che gli investimenti previsti in questo settore, comprensivi di Capacity Market (il meccanismo con cui ci si approvvigiona di capacità di energia elettrica con contratti a termine) e che ci costeranno almeno 30 miliardi di euro, vengano direzionati sull’unica vera soluzione: le fonti rinnovabili”, fanno saper nel loro manifesto gli organizzatori della protesta.