Conte: “Mittal disponibile all’interlocuzione. Bisogna creare è nuovo piano industriale”

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Spiragli di trattativa tra il governo e Arcelor Mittal sull’ex Ilva di Taranto. Dopo quattro ore di incontro, il premier Giuseppe Conte annuncia che si metterà in breve pausa la battaglia legale se nel frattempo non si fermerà l’acciaieria e non si spegneranno gli altiforni.

“I signori Mittal, durante questo ampio confronto si sono resi disponibili ad avviare immediatamente una interlocuzione volta a definire un percorso condiviso a Taranto”. All’incontro con l’azienda hanno partecipato, oltre al premier, i ministri dell’Economia e dello Sviluppo economico, Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli, e Lakshmi e Aditya Mittal, rispettivamente ceo e presidente e cfo del gruppo AncelorMittal. Presente anche Lucia Morselli, ad di AncelorMittal Italia.

Conte, dopo l’incontro, ha quindi spiegato di aver preso atto che c’è oggi da parte dell’azienda una “mutata disponibilità”, che c’è stata una “grande apertura”. Pur precisando: “Fermo restando che non abbiamo incassato nessun risultato”. Si apre, sottolinea, una “negoziazione che sarà faticosa, lunga, complicata, con tanti risvolti tecnici, economici, giuridici”.

“L’obiettivo di questo percorso – ha aggiunto il presidente del consiglio –  è arrivare a un nuovo piano industriale che assicuri il massimo impegno nel risanamento ambientale. Sono stato molto chiaro con loro, a questo punto ci vuole un piano di transizione anche energetica. E’ stata anche valutata l’ipotesi di un coinvolgimento pubblico”.

Intanto ieri è stato reso pubblico l’atto che i pm milanesi hanno depositato intervenendo nella causa civile fra il gruppo franco indiano e i commissari del polo siderurgico con base a Taranto. Un procedimento d’urgenza con cui i commissari della società chiedono di evitare la cessazione delle attività, bloccando la richiesta di recesso del contratto di affitto.

Secondo la Procura di Milano “la vera causa della disdetta” del contratto d’affitto dell’ex Ilva da parte di ArcelorMittal è “riconducibile alla crisi di impresa” della multinazionale franco-indiana ed alla conseguente volontà di disimpegno dell’imprenditore estero e non è invece il “venir meno del così detto scudo ambientale abrogato” utilizzato come motivo “pretestuosamente”.