La passione per la pittura, il trauma dell’ictus… e la rinascita. La storia di Cristiano Cavedon

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...

Quella di Cristiano Cavedon è una vicenda molto particolare. Non è solo il racconto di un pittore e della sua arte. È anche, anzi, soprattutto, la storia di un uomo rinato dopo aver rischiato di perdere tutto e tutti. Una storia che lo stesso protagonista ha raccontato a Mariagrazia Bonollo e Gianni Manuel ai microfoni della rubrica “Parlami di te“. “Ho avuto fin da bambino la tendenza ad impratichirmi nel disegno – esordisce Cristiano -. Era una mia forma naturale di comunicazione. Quando non riuscivo a spiegarmi a parole, facevo un disegno e quindi riuscivo a far capire quello che volevo dire”.

Nato a Thiene, è cresciuto da bambino a Marano Vicentino fino ai 10 anni di età, per poi trasferirsi a Schio. Assecondando la sua vocazione artistica, si diploma al liceo “Martini”, per poi frequentare un corso di arredamento di interni. “Questa scelta – confessa – è dovuta ad una mia pigrizia. Si trattava di un corso più breve di altri. Dava l’opportunità di avere un buon lavoro in tempi brevi. Quella per la pittura era ancora più che altro una passione”.

“Tuttavia – prosegue – pian piano ho ritrovato la mia attitudine per la pittura. È anche una valvola di sfogo. La pittura mi da benessere, mi fa star bene. Mi consente di mostrare un’emotività che altrimenti non riuscirei ad esprimere. Io ho sempre lavorato con le emozioni. Inizialmente era qualcosa di meno viscerale, andavo alla ricerca di un binario all’interno del quale viaggiare più serenamente”. Ad un certo punto però, nella vita di Cristiano, si verifica una svolta. “Sono rinato – confida -. Io ho un secondo compleanno. Ho la fortuna di avere due vite: quella di prima e quella di adesso. E quest’ultima è quasi più bella di quella precedente”.

Questa svolta si verifica in occasione della vigilia di Natale del 2021. “Quel giorno sono stato colpito da un ictus. Una forte emoraggia cerebrale mi ha fatto sfiorare la dipartita. Ci sono andato molto vicino. Fortunatamente, però, non ho mai perso conoscenza. Ricordo tutto. In particolare una cosa stranissima. C’è stato un momento in cui ho sperimentato una pace incredibile. Ricordo un ambiente neutrale, grigio. Sembrava che per qualche minuto fosse venuta da me quella signora vestita di nero con la falce. E io gli ho detto che non era quello il momento. Ci saremmo rivisti. A dispetto di quello che si può credere, per me è un ricordo molto piacevole”.

“Da quel momento – prosegue Cristiano – è iniziata un’avventura. Un percorso molto affascinante che mi ha fatto rivalutare delle opportunità che mi si erano già presentate in passato, ma che io non avevo colto. Io ero mancino, e l’ictus mi ha paralizzato il braccio sinistro. Quindi ho dovuto riadattarmi e imparare a usare la mano destra. Questo percorso mi ha consentito di riscoprire la mia persona e il mio corpo”. Ci sono voluti 6 mesi a Cristiano per riprendersi. Ma, come si è detto, la vicenda ha rappresentato per lui un nuovo inizio. “L’accaduto ha risvegliato in me un punto di vista che avevo già prima, ma che le vicissitudini quotidiane mi facevano dare per scontato. Oggi apprezzo molto di più il mio tempo, ne sono molto geloso. Deve essere di qualità. Dopo ciò che è accaduto sto meglio, mi sento più forte e consapevole“.

Come si diceva, Cristiano ha dovuto reinventarsi usando la mano destra. “Il tutto è partito da un’amica, che mi ha incoraggiato a tornare a dipingere. Da quel momento mi sono ripromesso di non pormi più paletti mentali. Mi sono messo in gioco. E ho pensato che, visto che il mio stile artistico è astratto, nessuno si sarebbe accorto di variazioni. Anzi, forse i miei lavori sarebbero pure venuti meglio di prima. Ed effettivamente è andata così. Ho preso le tele, i colori e ho riorganizzato i miei spazi. Da quel momento non riesco più a fermarmi. Sono un fiume in piena”. A dimostrazione di come l’accaduto non abbia intaccato le sue abilità artistiche, le opere di Cristiano hanno varcato i confini vicentini. “Alcune sono finite in videoesposizione. Ho poi esposto a New York, Miami e Los Angeles“.

Gabriele Silvestri