Un gospel per Giorgia, emblema dei giovani che cercano ciò che unisce

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Quando hai dentro un dolore troppo grande, come quello incommensurabile della perdita di un figlio, per sopravviverci non ha alternative: devi dargli una direzione. E’ questa la riflessione che viene in mente ascoltando Claudio Bernardele e Michela Grotto e i loro progetti per onorare la figlia che se n’è andata. E ti viene la pelle d’oca quando, ironia della sorte, scopri di parlare con loro proprio nel giorno del suo compleanno.

I genitori di Giorgia Bernardele, la ricercatrice di Sarcedo morta nell’ottobre 2016 a Mosca dove si trovava per alcuni studi, hanno fatto proprio questo e per stasera hanno organizzato un concerto gospel nella chiesa di Santa Maria Assunta a Sarcedo. “Vogliamo fare un regalo alla comunità di Sarcedo. Ricorderemo Giorgia ma non sarà una serata celebrativa su di lei”.

L’appuntamento è per le 20,30. Sarà un concerto della New Generation Gospel Crew, formazione composta da 35 coristi più gli strumentisti. “Provengono da tutto il Veneto e sanno emozionare e coinvolgere – raccontano Michela e Claudio -, creano una magia e abbiamo trovato nel loro messaggio le stesse intenzioni che ci sono negli scritti di Giorgia, che abbiamo scoperto e letto dopo che se né andata: l’idea del dono, la conoscenza senza pregiudizi, la condivisione, tutti valori che erano lo scopo della sua vita”.

Giorgia, 26 anni, dottoranda del Dipartimento di studi linguistici e letterari dell’Università di Padova, si trovava a Mosca per studi sul folklore, che lì sono molto avanzati. Studentessa e ricercatrice brillante e curiosa, da tempo era affascinata dalla cultura e le tradizioni dei paesi dell’Est, in particolare di quelle tramandate oralmente. L’hanno trovata morta nella sua stanza nel dormitorio dell’Università statale per gli studi umanistici dove viveva, il 24 ottobre 2016. Una morte attribuita a problemi cardiaci. Una perdita incolmabile per i genitori, la sorella Lucia e tutte le persone che le volevano bene e che apprezzavano il suo lavoro di ricercatrice.

Il concerto di questa sera è uno dei modi per onorare la sua vita di giovane curiosa, intelligente e aperta al mondo. “Quando tornava a casa era un uragano che ci travolgeva. Non sapevamo tenesse dei diari, e non tutti gli scritti che ci sono siamo riusciti a leggerli, perché alcuni sono in cirillico, ma leggendoli abbiamo scoperto aspetti di nostra figlia che non conoscevamo. Giorgia non era credente, osservava i fondamenti delle varie religioni alla ricerca di quello che le univa. Era giovane ma aveva chiaro che la cultura di un popolo ha radici che l’avvicinano agli altri popoli. Anche nello studio delle tradizioni, cercava quello che unisce nella diversità. Ora ci impegniamo perché il suo modo di stare al mondo non vada dimenticato: viveva con l’attenzione allo star bene insieme, alla poetica del dono, valorizzando l’incontro delle diversità”.

L’originalità del lavoro di Giorgia stava nel comparare le tradizioni diverse per trovarvi radici comuni. Ora il professor Cepraga, docente di letteratura romena all’Università di Padova, si è accordato con due casi editrici per la pubblicazione di alcuni suoi lavori. Intanto, la scorsa Pasqua, Michela e Claudio sono andati in Romania, nella regione del Maramures, al confine con l’Ucraina, a consegnare una parte delle somme raccolte in occasione del suo funerale. 17 mila euro destinati in parte ai soggiorni estivi dei bambini non abbienti per i prossimi cinque anni, una parte a borse di studio per i giovani universitari che presenteranno progetti di valorizzazione dei territori. Un’ultima parte servirà per sostenere un archivio storico di studi etnografici. “Abbiamo voluto vedere e conoscere le persone che ha conosciuto lei, camminare sui sentieri che aveva percorso lei l’estate dell’anno scorso, quando si era recata in queste zone per raccogliere attraverso documenti e interviste le antiche tradizioni che vengono ancora tramandate oralmente e rischiano di andare perdute. E’ stato doloroso e intenso. La ricordavano in molti e si sono fatti vicini al nostro dolore”.