Covid, l’inversione di tendenza è confermata. Si teme l’effetto differito negli ospedali

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La lenta ma costante diminuzione di casi di contagio al Covid-19, con la conseguente diminuzione del peso specifico negli ospedali vicentini, ha ceduto il passo a un’inversione di tendenza assodata ormai da 5 giorni. Ora è conclamato dai numeri. In tutto il Veneto – e Vicenza e provincia non fanno eccezione – il saldo tra guariti/negativizzati e nuovi positivi torna a registrare quell’esecrabile segno “più” che allontana la luce alla fine del tunnel che significherebbe sconfiggere la pandemia. Che invece riprende vigore, seppur non con la temuta veemenza dell’autunno, almeno per ora facendo gli scongiuri del caso, seminando focolai e accelerando sulla scia delle ormai celebri varianti. A rimanere su numeri costanti, invece, resistono le cifre legate ai ricoveri in aree non critiche e nelle terapie intensive.

I dati aggregati diffusi nella serata di venerdì da Ulss 7 Pedemontana e Ulss 8 Berica rilevano un +40 tra i cittadini vicentini nelle ultime 24 ore entrati e usciti dall’infezione da coronavirus, incrociando i dati delle dimissioni ospedaliere, delle “quarantene” concluse e gli esiti di laboratorio sui tamponi processati. Nel Vicentino sono ora 5.303 le persone attualmente positive (23.439 in Veneto), per la prima volta dai primi di gennaio con ritocco in eccesso. Ma erano oltre il triplo al 24 di dicembre (17.809, picco massimo). Dopo un mese e mezzo di discesa in “falsopiano”, in alcune fasi più marcata per poi frenare, l’ultima settimana di febbraio anche il Veneto lascia intravedere la comparsa di una “terza ondata” da tenere sotto controllo sanitario.

Nell’Ulss 7 la massa di attualmente positivi, che si era ridotta a 1.710 il 19 febbraio, è da allora in crescita: il 25 febbraio, ultimo dato disponibile, erano 1.885, con un aumento medio di 50 casi in più al giorno, ritornando oggi ai livelli dei primi giorni del mese in via di conclusione. Sono quindi ben 175 in più in 6 giorni (+10,2%) i positivi con “Covid in corso”, numeri che preoccupano i sindaci dell’Altovicentino come emerso in queste ultime ore, con un appello alla responsabilità lanciato alla popolazione. Trend analogo anche a Vicenza e bacino della Ulss Berica, che ieri ha registrato 82 nuovi contagi e 49 “guarigioni”, e per fortuna nessun decesso da inserire nel conteggio.

In Veneto il complesso dei dati prevenienti dai diversi bacini territoriali ha segnato un +228 unità, a segnalare che in tutte le province si rispecchia quanto si sta osservando in questi giorni nel Vicentino. Dodici i morti (uno nella provincia berica), con la prospettiva di raggiungere la malaugurata quota dei 10 mila cittadini veneti deceduti con correlazione di causa del coronavirus (9.814 a giovedì sera, 1.775 erano vicentini).

A “tenere” sono invece i dati ospedalieri, ma che inevitabilmente sono destinati a salire in proporzione al numero dei contagi in espansione anche se in tempi differiti di alcuni giorni. Questo se verranno confermate le dinamiche già assodate in base ai riscontrio “sul campo” delle precedenti ondate. I pazienti più gravi, equamente suddivisi tra Vicenza e Santorso (7 e 7), rimangono 14. Oltre a loro sono 153 le persone che occupano letti d’ospedale nei reparti Covid e nelle strutture di comunità o adattate per la degenza prima delle dimissioni. Tutte bisognose di assistenza anche se non intensiva e accudite da medici, infermieri e personale Oss ancora oggi “bardati” di tutto punto nonostante le vaccinazioni completate. Sui 153 citati, 49 si trovano al San Bortolo del capoluogo, 70 a Santorso, 14 a Valdagno, nessuno al momento a Bassano del Grappa, Noventa e Asiago. A questi si aggiungono i 20 di Marostica in ospedale di comunità.