Lella Costa a Schio con l’Otello di Vacis: “Racconto la manipolazione delle parole”

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Doppia appuntamento al Teatro Civico di Schio oggi e domani (20 e 21 novembre) con un Otello contemporaneo portato in scena da Lella Costa per la regia di Gabriele Vacis, riportato in scena dopo 24 anni. “Otello, di precise parole si vive” è il titolo dello spettacolo tratto dal celebre dramma di William Shakespeare, secondo appuntamento in cartellone per questa stagione di Schio Grande Teatro, realizzata dalla Fondazione Teatro Civico e dal Comune di Schio in collaborazione con Arteven.

“Il titolo – spiega al telefono Lella Costa – è ispirato da un verso di una canzone di Ivano Fossati che s’intitola Discanto (di precise parole/di grande teatro). La nostra impostazione di Otello è raccontare i vari personaggi ma scegliendo un punto di vista: la manipolazione del linguaggio. Otello è uno straniero, un moro, un immigrato, la lingua che ha imparato la rispetta e la venera, e pensa che le parole abbiano un unico significato e siano limpide. Jago invece, che con la sua lingua ci è nato, ne fa quello che gli pare, divenendo un manipolatore. Le fake news di cui subiamo oggi le conseguenze, Jago le usava alla grande. Otello è una tragedia, un dramma che si basa moltissimo sul peso, sull’importanza e sul rispetto che si dovrebbe alle parole. Otello è tradito su un qualcosa che lui non credeva fosse possibile, perché l’ambiguità non gli appartiene. E poi è un dramma della violenza, della patologia delle relazioni tra maschile e femminile, e quindi ahimè, è di atroce e continua attualità”.

Attrice, drammaturga, scrittrice e molto altro, l’artista milanese ha trascorso una vita a teatro senza quasi mai cedere alle tentazioni del luccichio del cinema, forse perché quando si ha una formazione classica è difficile staccarsi dalla forma di arte che più è rimasta indipendente dalle forzature della società, e che maggiormente permette di confrontarsi in modo democratico e libero. “Fare teatro – spiega – è certo fare politica nel senso etimologico del termine, ma permette anche di partecipare a precise battaglie sociali sulle varie forme di discriminazione, dove quella tra maschile e femminile richiede urgenza e impegno”.

Se non posso ballare. non è la mia rivoluzione” è uno tra gli spettacoli a cui è più legata: racconta di donne intraprendenti, controcorrente, spesso perseguitate, a volte incomprese, che hanno lottato per raggiungere traguardi che sembravano inarrivabili, se non addirittura impensabili. Lascia increduli (i maschi, ovviamente) apprendere infatti quanto la narrazione storica di eventi e scoperte spesso non sia stata fedele alla realtà. E no, il tergicristallo non l’ha inventato un uomo bensì Mary Anderson, statunitense, allevatrice di bestiame e viticoltrice, stanca delle continue soste durante i tragitti in taxi nelle giornate piovose.

Quanto all’Otello e alla (ri)lettura dei classici e l’arte espressa a teatro, per Vacis-Costa si tratta di realtà che s’incrociano e s’intersecano di continuo, mentre l’analisi del presente passa necessariamente attraverso lo studio del passato e della storia; la letteratura e la storia sono imprescindibili, non solo per il patrimonio che conservano ma anche e soprattutto nell’immaginare un futuro possibilmente migliore di quello che ci viene prospettato. Anche per questo il dubbio sull’utilità di studiare ancora il latino prospettato da un celebre scrittore, appare loro più come una provocazione che una strada da seguire. Perché il cambiamento passa attraverso il cambiamento del linguaggio, in necessario abbinamento alle azioni: “Dire senza fare non serve, ma fare senza dire non basta” spiega Lella Costa.

Il tema dell’emancipazione femminile le è particolarmente caro. “Se il teatro è un ambiente discriminante per le donne? Sebbene i ruoli apicali siano perlopiù maschili – spiega – penso sia uno dei luoghi dove lo è meno, anche perché intorno al teatro girano meno interessi rispetto al cinema e alla televisione. Il teatro è luogo di libertà per sua natura: sentir parlare di censura a teatro è una roba che dà i brividi. Credo che in teatro, per quanto riguarda la valorizzazione dei ruoli femminili, siamo un pochino più avanti, anche se da noi permane questa supremazia, questa rendita di posizione del maschile, forse in teatro ci stiamo riuscendo”.

Foto di Serena Serrani

Quanto allo spettacolo che andrà in scena a Schio, l’attrice spiega che “Desdemona è una giovane donna molto determinata che sfida il padre quando gli dice: ‘Devo a voi la mia stessa vita e come mia madre consacrò a voi la sua devozione, antepose suo marito e suo padre, così è sicuro io possa fare lo stesso con mio marito il moro’. Nel momento in cui Otello ha infranto i voti del loro matrimonio, Desdemona non si difende, perché sa che tanto è inutile, ma si lascia trascinare in questo fallimento emotivo, sentimentale, ma anche etico, e quando la sua dama di compagnia le chiede come si sente, lei risponde: ‘mezza addormentata’. E’ in quel senso di torpore che Shakespeare ci riporta all’attualità: mi sento mezza addormentata, perché qualunque cosa io dica non servirà a niente e qualunque cosa io faccia non mi salverà da questo fallimento totale. Poter rileggere i classici penso sia un privilegio e anche un piccolo contributo che si può dare alla famosa cura delle patologie relazionali”.

Lella costa domani pomeriggio incontrerà spettatori e spettatrici in sala Calendoli all’interno del progetto “Capus Tè“: “Il teatro nelle scuole è importante – dice – perché è un punto di vista, una prospettiva. Nelle nuove generazioni ci sono molte anime e intelligenze diverse, che possiamo osservare mentre facciamo il tifo per loro. Oggi è molto più difficile inventarsi qualcosa che sia nuovo, però siamo ancora qui a mettere in scena i classici che non sono nuovi ma sempre bellissimi”.

Paolo Tedeschi