Le ricette della tradizione: la paeta rosta al malgaragno

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C’è un antichissimo detto vicentino che fa così: co in novembre el vin nol xè pì mosto, la paeta la xe pronta par el rosto. Fra i tacchini, come è consigliabile fare anche tra gli esseri umani, preferite le femmine: sono di mole più modesta, ma hanno una carne particolarmente più tenera e saporita. I tacchini maschi e femmine cercano, come tutti gli esseri vanitosi, di nascondere gli anni, ma vi è un segno che rende inutili i loro sforzi. Il tacchino infatti nasce con le gambe nere che rimangono tali sino ai due anni di età. Cominciano poi gradatamente a farsi rosse: si evitano perciò quegli esemplari che indossano calze cardinalizie.

Ingredienti dose per 6-8 persone 

1 paeta (tacchinella giovane) del peso di 2 chili circa una volta spennata, svuotata dalle interiora e privata di zampe, collo e testa
1 bicchiere di succo di melagrana
salvia
10 fettine di lardo larghe e sottili
sale

Bruciacchiate sulla fiamma la paeta, poi lavatela molto bene e asciugatela. Introducetele nel ventre un bel rametto di foglie di salvia ed un pugnetto di sale grosso, cucendo poi l’apertura con filo bianco. Infilatela sullo spiedo dopo averla bardata sul petto con le fettine di lardo e cuocetela davanti al fuoco di legna, irrorandola o pennellandola di tanto in tanto con il grasso che cade sulla leccarda e con il succo di melagrana. Quando, infilando nella coscia del volatile uno spiedino, uscirà un fiotto di liquido bianco-trasparente, la paeta sarà pronta per essere tolta dallo spiedo, sezionata da mani esperte e posta sul piatto di portata caldo, irrorata con il sughino raccolto nella leccarda.

Vini consigliati: Recioto di Gambellara, Cabernet di Breganze

Alcuni anni or sono ho avuto la fortuna – in quel dei Colli Berici – di essere uno degli ultimi giovani a partecipare alla vendemmia all’antica, cioè a vendemare e mostare la ùa coi pie. È stato un avvenimento entrare nella botte in cui era raccolta l’uva e sentire i raspi solleticare i piedi; ho provato delle sensazioni bellissime: il colore del mosto rosso intenso riempiva la vista ed il profumo dell’uva inebriava. E gustare con grande gioia il mosto dolce svinato da tino: sensazioni ormai lontane ma sempre vive nel ricordo.

Ricetta tratta dal libro “La cucina vicentina” di Amedeo Sandri e Maurizio Falloppi, acquistabile nelle migliori librerie e shop online.