La gita coi ragazzi del denigrato “professionale”? Una scuola di umanità, parola di prof

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Le gite con una classe di adolescenti – specie quelli degli istituti professionali, considerati a volte, a torto, ricettacolo di problematicità – non sono solo fonte di ansia per gli insegnanti. Anzi, possono essere una scuola di vita per tirare fuori il meglio.

Lo pensa anche la dirigente dell’Istituto professionale Garbin di Schio, Marina Maino, da sempre decisa a valorizzare il meglio e il buono che da qualsiasi studente e da qualsiasi comunità scolastica si può tirare fuori. Per questo ha deciso di far conoscere la testimonianza, apparsa anche sui social, di un giovane docente dell’Ipsia scledense, che ha accompagnato una sua classe in gita a Monaco di Baviera. Un nuovo docente abbastanza conosciuto, a dire il vero, perché si tratta del consigliere comunale di TessiAmo Schio, Carlo Cunegato, una laurea in filosofia e un presente come prof precario di italiano.

La sua testimonianza, spiega la dirigente “offre spunti di riflessione e fa capire, soprattutto, la grande umanità che si respira dentro questa scuola. Il Garbin è vera fucina di integrazione ed inclusione, dove certi valori non rimangono solo slogan da sbandierare in qualche campagna elettorale o in qualche periodo dell’anno, ma si vivono, magari con fatica, nella quotidianità. Sono le differenze che fanno crescere e costituiscono la vera ricchezza della nostra società. Differenze di nazionalità, religione, aspetto fisico, abilità. In fondo, siamo tutti ‘diversamente abili’  e nella diversità ognuno può essere davvero se stesso”.

E allora ecco come il “prof” Cunegato racconta la sua “gita a Monaco col professionale”.

Quest’anno sono arrivato al professionale e ci starò tre anni. Professionale denigrato e degradato, stigmatizzato e delegittimato, contenitore, dicono, di disagio e luogo di emarginazione.
Che cosa si scopre a Monaco? Intanto che vivere può essere una gran bella cosa. Vivere è a volte qualcosa di faticoso, qualcosa di opaco e grigio, ma può essere anche una roba forte. Sorrisi, brindisi, abbracci, urla sguaiate che riempiono di una gioia gridata le fredde vie del centro. Così scopri che questi ragazzi screditati sono fantastici. Sono vitali, energici, ma sanno essere inaspettatamente solidali. E’ vero, ogni tanto vibravano nell’aria sonore trivialità, ma poi si aiutavano l’un l’altro, dietro una forma sbilenca c’era vera sostanza. Così questa gita mi è sembrata anche un laboratorio politico, di quella comunità ideale che i politici non sanno più immaginare o finiscono per ostracizzare. I bianchi aiutavano i neri e i neri aiutavano i gialli, perché questi ragazzi non vedono più il nero, il bianco e il giallo. Se vuoi superare il razzismo, la pratica della diversità vissuta, quella vera, prova a conoscere questi ragazzi. Poi se qualcuno si sentiva in difficoltà o aveva qualche problema, non è mai stato lasciato solo, il gruppo lo ha sempre incluso e aiutato. Questi ragazzi mi hanno subito accolto, molte volte mi hanno fatto sentire un sincero affetto. Grazie.
Poi i colleghi. Penso che ogni anno scolastico dovrebbe cominciare con una gita obbligatoria di una settimana. Persi nelle nostre aule e i corridoi non ci conosciamo, ci sfioriamo senza mai incontrarci. In gita ti scopri, costruisci in pochi giorni relazioni forti, cosa che dovrebbe essere fondamentale nel nostro lavoro. Ho incontrato personalità diverse: il timido, il burlone, chi è più adatto alla leadership e chi è più collaborativo. Tutte persone aperte, simpatiche, estranee ad ogni moralismo, empatiche, capaci di capire i ragazzi e di volergli bene. Sarà una fortuna lavorare con colleghi così!
Resteranno il training di venitudine ai colleghi “teroni”, attraverso un percorso di avvicinamento alle tradizioni etiliche; il corso “guida alla carrozzella” all’altra collega “meso terona”; i canti tradizionali vicentini tipo “bevilo, bevilo, bevilo” all’Hb del centro; la corsa con i meccanici fino alla “Piasa de Maria”; gli stinchi del mezzogiorno digeriti dopo cena; il contratto di lavoro dei ragazzi della manutenzione con l’imprenditore scozzese o con l’olandese che ama il whisky e le colleghe con la frangetta; l’Irish pub; “Heil, Maule”; Frau Mauler; i coloriti e veraci turpiloqui dei ragazzi, che spesso cercavamo di reprimere, ma che a volte ci strappavano un sorriso perché esprimevano vitalità, amore per la vita, goliardico senso di appartenenza; la corsa notturna con la mia ragazza favolosa a cercare un bagno, con il collega “napoletano favoloso” che nel cercare il bagno si perde (la strada era tutta dritta) e torna in taxi; i corsi di cultura alimentare naturalista-bio-green-km zero della collega che poi beve solo birre da litro e mangia solo stinchi.
Insomma tutta vita. L’ennesima conferma che fare l’insegnante e stare con i ragazzi è un privilegio, e rimane il lavoro più bello del mondo. Aug