Maltrattamenti a “Il Cardo”, sindaci “sconcertati”. La ricostruzione delle indagini

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Un episodio di maltrattamenti legati a un singolo operatore, che ha visto l’ente attivarsi immediatamente, contattando le forze dell’ordine. Sono questi gli aspetti che i sindaci dell’Alto Vicentino sottolineano rispetto alla brutta vicenda delle violenze psicologiche e fisiche messe in atto da un operatore socio sanitario – F.C., 45 anni, residente a Bolzano Vicentino – nei confronti di un ospite della residenza per disabili con deficit intellettivi gravi Il Cardo di Montecchio Precalcino, gestito da La C.A.S.A. di Schio.

A margine del Comitato dei sindaci che si è svolto lo scorso 22 giugno – nel corso del quale sono stati affrontate importanti tematiche legate al territorio – i sindaci dell’Alto Vicentino hanno infatti voluto approfondire i fatti avvenuti presso la struttura residenziale di Montecchio Precalcino. “Dalle informazioni a disposizione si può evincere che il grave episodio di maltrattamenti e sevizie nei confronti di alcuni ospiti è riconducibile ad un singolo operatore, e che proprio le puntuali segnalazioni dei colleghi di lavoro e l’immediata attivazione della direzione della struttura hanno permesso di mettere in moto le verifiche delle forze dell’ordine” spiega il presidente del Comitato, Franco Balzi, a nome di tutti i colleghi.

“Condividiamo lo sconcerto della pubblica opinione – aggiunge Balzi in una nota – per questo inqualificabile comportamento e vogliamo esprimere la nostra la fiducia nei confronti della magistratura, che certamente provvederà agli opportuni provvedimenti. Nell’esprimere gratitudine per chi a vario livello ogni giorno si adopera a tutela delle persone fragili, vogliamo assicurare a tutta la cittadinanza, ed in particolare a chi affida un proprio famigliare alle strutture del territorio, il nostro costante impegno per garantire la qualità, la serietà e la professionalità dei servizi offerti”.

I primi sentori che qualcosa non andava, la direzione dell’ente le aveva avute a ottobre, grazie alle segnalazioni dei colleghi. “Ho subito detto che quell’operatore non avrei più voluto vederlo – spiega il presidente de La C.A.S.A., Beppe Sola – ma si sa che nel pubblico ci sono una serie di procedure burocratiche da rispettare”. E’ stata la stessa direzione dell’ente a rivolgersi alla Questura di Vicenza e in particolare alla Squadra Mobile diretta dal vicequestore Lorenzo Ortensi a sporgere denuncia, ma per incastrare l’uomo alle sue responsabilità. Fra ottobre e febbraio La sospensione è arrivata a febbraio, poco prima che scoppiasse l’epidemia da nuovo Coronavirus. Una fortuna, perché i tempi si sarebbero allungati ulteriormente.

Spintoni, strattoni, lividi, atteggiamento e parole aggressive: queste le “cure” che l’operatore somministrava ai pazienti che seguiva. A raccontare come sono stati raccolti gli indizi della sua colpevolezza è lo stesso Sola. “Son state sentiti in questura i colleghi e la polizia ha collocato delle telecamere nascoste nei locali dove l’operatore aveva accesso. Oggetto delle sue prevaricazioni era un ospite in particolare. Gli inquirenti ci avevano chiesto la massima riservatezza per non inficiare le indagini: infatti delle attività dei poliziotti eravamo al corrente solo io, il direttore e un dipendente. Appena le violenze son state provate, lo abbiamo spostato e quindi sospeso dal servizio. Ora con i provvedimenti della polizia, che imposto l’obbligo di firma e il divieto di esercitare qualsiasi professione in ambito sanitario per i prossimi 12 mesi, saremo nelle condizioni di procedere con il licenziamento: non è concepibile infatti che percepisca ancora lo stipendio dal nostro ente”.

Intanto, già lunedì scorso in giornata, la direzione de La C.A.S.A. ha incontrato la mamma e la sorella dell’ospite che F.C. aveva preso di mira. “Abbiamo spiegato quanto accaduto, hanno compreso. Mi son sentito anche di chiedere loro scusa a nome dell’ente, erano dovute – aggiunge Sola – anche se le responsabilità sono della singola persona”. Lunedì sera c’è stato poi un incontro con tutti i familiari dei 39 ospiti del Cardo (una sessantina in tutto i presenti): “Erano preoccupati, anche perché a causa del virus non vedono gli ospiti da quattro mesi”. Martedì, sono stati incontrati anche i sindacati.