56 indagati fra gli attivisti No Tav per la resistenza nel bosco di Ca’ Alte

Ascolta l'audio
...caricamento in corso...

Non sono rimasti senza conseguenze i reati commessi a Vicenza gli scorsi 8 e 12 luglio in occasione dello sgombero dell’argine del fiume Retrone in via Maganza, sede del bosco Ca’ Alte, e durante la successiva manifestazione No Tav. Sono infatti ben 56 le persone denunciate.

L’attività investigativa e la visione delle immagini riprese dal personale della polizia scientifica hanno permesso alla Digos di identificare e segnalare i 56 attivisti all’autorità giudiziaria. Diversi i reati contestati a 54 attivisti (fra cui due minorenni) per i reati commessi (a vario titolo) l’8 luglio: interruzione di pubblico servizio, violenza privata e invasione di terreni, per lo sgombero. Per quel che concerte la manifestazione No Tav di quattro giorni dopo, i denunciati per tentato danneggiamento sono due. Le indagini ora continuano per l’identificazione di altre persone coinvolte negli scontri.

Com’è noto, nella mattina dell’08 luglio era stato programmato l’ingresso degli operai del Consorzio Iricav2, general contractor incaricato dalla Rete ferroviaria Italiana di realizzare la linea ferroviaria Alta Velocità/Alta Capacità Verona-Padova, sull’argine del fiume Retrone, area occupata in quel momento dagli attivisti del Movimento No Tav – I Boschi che resistono.

Sgombero dei No Tav con gli idranti della polizia. Tensione per ore al bosco Ca’ Alte

In quella occasione, già dalle prime ore del mattino, decine di cittadini si erano mobilitati per bloccare l’accesso alle maestranze: una sessantina si erano posizionate a protezione del cancello di ingresso da via Maganza, altri 150 circa, secondo i dati della questura, si erano radunate sul terrapieno interno, di cui alcune legate a piattaforme in legno e altre riparate dietro barricate costruite con pannelli e bancali in legno. Il tentativo delle forze dell’ordine di farli desistere, con la successiva intimazione a liberare l’accesso, non aveva sortito alcun effetto sui “resistenti”, che non volevano saperne di liberare l’argine e si era quindi reso necessario l’intervento coercitivo, anche a suon di idranti.
Gli attivisti, seduti in modo nonviolento davanti al cancello, e anche quelli ancorati ai manufatti in legno, sono stati spostati di peso, anche usando un sollevatore con cestello in dotazione ai vigili del fuoco. Quelli protetti dalle barriere, invece, sono stati respinti con l’intervento dei reparti inquadrati e dell’idrante della polizia di Stato, e costretti a rifugiarsi all’interno dell’area boschiva. Tra questi e l’area di cantiere erano intanto state posizionate, provvisoriamente, transenne metalliche, sostituite poi nei giorni successivi da una barriera definitiva, composta da new jersey in cemento, sormontati da reti elettrosaldate.

Il 12 luglio, poi, in occasione della manifestazione contro il cantiere Tav ed il disboscamento dell’area, alcuni attivisti si erano sganciati dal corteo e sono entrati nel bosco, dal lato di Cà Alte. Dopo alcuni minuti, riparati da pannelli, erano quindi usciti dalla vegetazione sul lato dell’argine e si erano avventati sulla recinzione: qui usando dei moschettoni avevano agganciato delle funi e tirato con forza, nel tentativo di scardinarla. Neanche l’azionamento dell’idrante li aveva fatti arretrare, tanto che si era reso necessario l’intervento degli specialisti, manovratori di corde della polizia di Stato, che si erano arrampicati sulle reti per tagliare le funi tirate dagli antagonisti. L’azione degli idranti, poi li aveva costretti a ritirarsi definitivamente fra la vegetazione.

Dopo lo sgombero (23 denunciati) , sabato la manifestazione per i “boschi che resistono” alla Tav

 

L’Eco Vicentino è su Whatsapp e Telegram.
Iscriviti ai nostri canali per rimanere aggiornato in tempo reale.

Per iscriverti al canale Whatsapp clicca qui.
Per iscriverti al canale Telegram clicca qui.