Un vicentino sulle orme di Marco Polo – #9 Fare le cose in grande

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Una piccola parte dell'Esercito di Terracotta, Xi'an (foto Daniele Binaghi)

Gli antichi, si sa, non scherzavano quanto a dimensioni delle loro maggiori creazioni: pensate alle piramidi degli Egizi o di Maya e Atzechi, o ai colossei dei Romani. Non stupisce quindi che anche i cinesi non andassero per il sottile, in termini di grandi opere. Già la Città Proibita a Pechino è una cosa fenomenale, dove pagoda dopo pagoda, tempio dopo tempio si aprono agli occhi increduli del visitatore dietro ogni singola porta, e sembrano non finire mai e quasi un continuo sfilare di colonne laccate di rosso, tegole scintillanti, piccole e grandi figurine che decorano ogni singolo tetto. Ma Pechino, rispetto a quello che ci aspettava nei giorni seguenti, diventa quasi niente…

Nel 1974, un contadino che zappava tranquillamente il suo terreno, si imbattè, per puro caso, in qualcosa di straordinario che era stato nascosto per secoli sottoterra: un intero esercito di soldati realizzati in terracotta. Oggi Xi’an, la località dove la maggior parte dell’esercito ancora si trova, è diventata meta di orde di visitatori, principalmente cinesi, che ad ogni ora del giorno percorrono i padiglioni costruiti per salvaguardare dalle intemperie (e non solo) quel tesoro inestimabile. Alcune delle statue, le più belle o ben conservate, sono state messe all’interno di teche, attorno alle quali ci si può aggirare osservandole nei minimi dettagli (se si riesce a farsi largo tra le masse di fanatici del selfie, che vogliono in tutti i modi ritrarsi mentre NON guardano la statua – una cosa che non capirò mai, temo); così è per “l’arciere” o “il generale”, per esempio, che ricambiano il tuo sguardo e sembrano solo essere in attesa di qualcuno che gli infonda un alito di vita. Ma è l’esercito nella sua interezza, centinaia e centinai di statue di uomini e (poche) cavalcature, tutti pazientemente in fila e pronti a fare la guerra per il loro signore, che davvero colpisce: ci cammini intorno, e puoi immaginarteli marciare contro i nemici dell’impero, e incuter loro timore. Perché l’idea alla base di quest’opera incredibile era proprio questo: mostrare la potenza del sovrano, Chin Shi Huang, e spaventarne gli avversari. Il suo successore, appartenente alla dinastia Han, volle dimostrare di non essere intimorito, ma non si azzardò a distruggere quell’armata, e si limitò a farla sotterrare, sicuro che non sarebbe più venuta alla luce. Per nostra fortuna, invece, eccola lì, a raccontarci di un’epoca passata in modo davvero vivido.

Ma il monumento forse più famoso dell’intera Cina è un altro, un’opera difensiva costruita a partire dal 215 a.C. per difendere il territorio dai nemici esterni, principalmente quelli che arrivavano da settentrione: si tratta, ovviamente, della Grande Muraglia, 8850 km di enormi mura (e fossati e difese naturali) che si snodano come un nastro in cima alle montagne. E se è solo una leggenda metropolitana che la si possa ammirare persino dalla Luna, credetemi che fa comunque impressione: mentre ci avviciniamo in autobus a Mutianyu, uno dei cinque settori che sono stati restaurati ed aperti al pubblico, scorgo le prime pietre sui crinali e sento un brivido lungo la schiena, come quello che ho provato la prima volta che sono arrivato a Machu Picchu (del resto, viaggiare serve anche a questo, no? A provare brividi di eccitazione al vedere cose di cui hai sempre sentito parlare e letto nei libri).

Per arrivare in cima, prendiamo una seggiovia, esattamente come quelle che si utilizzano per andare a sciare; niente neve lassù, ma è comunque una bella scalata, ed è meglio farla così, credetemi. Perché, una volta in cima, una volta che si sta calcando la pavimentazione di pietre perfettamente allineate in cima alla muraglia, beh, capisci che quelle storie di gente che la percorrerebbe in bicicletta sono false almeno come la storia della Luna: è tutto un saliscendi, spesso molto ripido, e quasi sempre dotato di lunghe scalinate, in entrambe le direzioni. All’inizio, presi dall’entusiasmo come tutti, i miei compagni di viaggio ed io decidiamo di salire rapidamente in una direzione, per arrivare ad un punto panoramico in cima ad una delle torri difensive e goderci la vista, bellissima; ma quando viene il momento di scendere e marciare in senso opposto, allora sì che cominci a sentirtelo nelle gambe, ché nessuno ce l’aveva detto che dovevamo fare riscaldamente dei muscoli prima di arrivare. In un modo o nell’altro ce la facciamo (non tutti: i più stanchi, o forse saggi, decidono che quel punto panoramico è il migliore, e che nulla giustifica l’abbandonarlo), ed è una sensazione stupenda e vertiginosa al tempo stesso quella che ci accompagna, mentre guardiamo di lassù il panorama di boschi e montagne che ci circonda. Arrivasse il nemico, oggi, non avrebbe scampo: ci siamo noi di vedetta, e saremmo prontissimi ad accendere uno dei fuochi segnaletici in cima alle torri, e così ogni singola altra torre, ed in men che non si dica tutte le truppe sarebbero pronte.

Nessun nemico si fa vedere, però, ed allora dopo un paio d’ore passate là in cima decidiamo di scendere, e mentre qualcuno lo fa con la stessa seggiovia con cui siamo arrivati, la maggior parte lo facciamo in una maniera davvero divertente, su dei bob che scendono lungo una pista inclinata zigzagante. Con omini in uniforme che ad ogni curva ti grida di accelerare o rallentare, e tamponandoci spesso perché la persona più avanti del mio gruppo è abbastanza timorosa e ci da dentro di freno, scivoliamo lungo il costone per 7-8 minuti, con l’adrenalina che torna in circolo. I puristi mi diranno che è blasfemo, forse, e che stanno trasformando la cosa in una sorta di Disneyland; temo però che il processo di trasformazione sia cominciato molto tempo fa, e che sia meglio concentrare le energie per esplorare la muraglia, e non per salirvi o scendervi. Con più tempo a disposizione, forse…

 

Daniele Binaghi (pecorelettriche.it)

 

Le altre puntate:

#1 Da Venezia al Kirghizistan

#2 Lo yurt, questo sconosciuto

#3 Dove riposavano le carovane

#4 La vecchia nuova Kashgar

#5 L’ultimo, povero Khan

#6 Divertirsi sulle Fan Mountain

#7 Non è poi così lontana Samarcanda

#8 Grandi masse rosse